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"THE MIRROR AND THE RASCAL"
("LO SPECCHIO E LA CANAGLIA")
un film di Valerio de Filippis
in uscita il 12 giugno 2019
The Mirror and the Rascal (Lo specchio e la canaglia) è l’opera prima di Valerio de Filippis come regista cinematografico, ed è interamente basata sul testo teatrale Riccardo III di Shakespeare. Per parlare di questo impegnativo lungometraggio è per prima cosa necessario considerare che genere di artista sia de Filippis, arrivato alla regia non per le consuete vie, ma neanche per sfida, esperimento, o per estemporanea improvvisazione. I più lo conoscono unicamente e lo definirebbero come pittore, ma si tratta di una conoscenza e di una definizione incomplete. Certo, la pittura è uno strumento primario di espressione per de Filippis e anche nella realizzazione filmica sono essenziali i debiti luministici e compositivi, ma ancor più quelli ideativi e immaginifici (letteralmente, “che fanno l’immagine”), derivanti dalla tecnica del pennello. Ma de Filippis è artista dalle molte passioni e dai molti talenti che esplodono un universo visionario (e questo è evidente anche nella sua pittura) in cui le forme, i linguaggi, i media si ibridano e confluiscono nell’opera. Che è sempre molto di più di quanto non la definisca il suo statuto, appunto, formale. Passare dalla pittura alla musica, alla scrittura, alla regia cinematografica è quindi naturale, insito, coraggioso ma non improvvido. In ogni caso, c’è da esserne certi, è stato necessario e urgente per dar corpo a un’idea e a un tormento.
The Mirror and the Rascal non è un film “facile” per lo spettatore. Credo che neanche lo voglia essere. La scelta del soggetto, questo fosco Riccardo III, di per sé invita a un approccio problematico, di riflessione e reperimento dei significati.
Già il dramma storico dell’inglese mal si presta a rifacimenti e rielaborazioni, è un testo teatrale “perfetto” nella sua disagevole coerenza. È un testo, anche solo dal punto di vista letterario-narrativo, ingarbugliatissimo, con decine di personaggi e di psicologie che si susseguono, si sovrappongono e scompaiono, dibattendosi in vicende, molte delle quali effettivamente accadute, e molte altre invece pura invenzione drammatica, che lo spettatore attuale con grande difficoltà riesce a ricostruire e contestualizzare, sia negli aspetti cronachistici sia in quelli psico-sociali, culturali e antropologici. La figura di Riccardo III, dall’effettività storica (peraltro resa imprecisa e confusa dal suo destino di sconfitto e quindi dalla posteriore denigrazione di ogni suo aspetto e atto), migra alla rappresentazione drammatica, e in Shakespeare quasi di essa sola si veste, stagliandosi come un paradigma assoluto – non un uomo, ma l’incarnazione di una empietà metafisica – che incombe e spicca sulle vicissitudini umane. Insomma, il Riccardo III shakespeariano non è qualcosa che ci fai un film semplicemente mettendo insieme i pezzi di una storia e in un modo tale che lo spettatore in quella storia ci si raccapezzi e a essa magari si appassioni. Non è un’opera che prendi e rimaneggi, magari cercando pure di attualizzarla ai gusti, alle sensibilità e intelligenze del tempo corrente. Non ci puoi fare un film “normale”.
L’unica cosa che si può fare è interpretare l’opera. Il che significa proprio lasciare che l’opera entri nella tua vita, nella tua persona, nel tuo modo di pensare e sentire il mondo, e poi tiri fuori sé stessa dalle viscere del tuo io profondo, ti plasmi nel gesto, nelle espressioni, negli sguardi, ti accompagni nel dirsi con la tua voce, si rappresenti attraverso di te.
Ma, e anche questo è parte della sua malìa, vale altrettanto il reciproco. Nella realizzazione si trascrive la biografia dell’autore, l’opera diventa una mappa che conduce ai comportamenti, ai sentimenti, all’esperienza vitale di chi la compie. Interpretare allora significa conoscere e comprendere quanto del proprio essere si può addensare in un senso, in una proiezione fantastica, cui sia necessario dare quella fisionomia e non altra.
Ciò spiega anche la profusione di ruoli, vesti e funzioni che Valerio de Filippis ricopre nella realizzazione del film. Regista, sceneggiatore e scenografo, compositore della colonna sonora, tecnico del montaggio e della post-produzione, infine attore protagonista, de Filippis taglia su di sé, e su di sé disloca, tutte le fasi e le competenze della sua messa in opera, con una generosità acrobatica che lascia meravigliati. E pur nell’evidenza di un’acerbità da “opera prima”, pur con tutte le carenze di una produzione “low-cost” e artigianale, pur nell’invariabilità autoreferenziale in cui il nostro ineluttabilmente incorre proprio per il fatto di dover fare troppe cose insieme, alla fine ci si rende conto che tale straordinaria abilità performativa intanto è raggiungimento faticoso e sofferto di una quasi ossessiva, necessariamente lunga, composita preparazione e non nasconde alcuna improvvisazione o sindrome del “faccio tutto io”; ma soprattutto si avverte che essa è condizione stessa al farsi dell’opera, e non può essere altrimenti proprio per la coscienza e la volontà del regista di “sentirsi” interprete del dramma, in assoluta e totale collimazione fra arte e vita.
Anche per questo il lavoro di de Filippis non può essere raffrontato con nessuna delle rivisitazioni che della tragedia originale sono state prodotte, sia in chiave filmica che teatrale. Peraltro in quasi tutti i più o meno rinomati e più o meno riusciti precedenti, la tensione drammatica è principalmente posta sui risvolti “politici” della vicenda esistenziale di Riccardo, cosa che certo ne agevola la “narratività”. Per cui, tutto viene essenzialmente ricondotto alla metafora della distruttiva sete di potere dell’essere umano, della sua nocività individuale e collettiva, e Riccardo è l’essere sordido, ingannatore e ripugnante che trama e agisce per mandare a morte tutti coloro che si frappongono fra lui e l’agognato trono d’Inghilterra. La depravazione di Riccardo è così funzionale al messaggio etico-politico che quest’ultimo è stato naturalmente preso come linea-guida per inanellare le scene le une alle altre e orientare lo sviluppo narrativo.
Ma non è quello che principalmente sembra aver interessato de Filippis. E, per dirla tutta, in buona misura il suo film ne paga lo scotto. È evidente infatti che il regista non si cura di “raccontare la storia”, quindi spesso lo spettatore si trova davvero a essere sbalzato da una situazione all’altra, e a costo di un continuo, talvolta snervante, sforzo deve ricostruire da sé gli sviluppi e il nesso fra le azioni sceniche. Ma se questo è un pur rilevante limite del film, anzi probabilmente il principale, a ben vedere è da considerare un limite necessario. Dal punto di vista diciamo formale, si vede che de Filippis pensa il suo film da pittore, e costruisce ogni scena quindi come si costruisce un quadro, in un certo senso chiudendola in sé stessa, nella sua riuscita e conclusione. Il gusto poi, ma innanzi tutto la volontarietà, di trasferire il dramma in una dimensione di surrealtà, di staccare il significato di ciò che avviene sulla scena da qualsiasi parvenza di mera oggettività, porta a rendere vaghe e labili le connessioni, a sospendere ciascuna “normale” dinamica entro e non oltre il suo stesso campo di forze, senza luogo, senza tempo, senza stringenti causalità e conseguenzialità. De Filippis inventa situazioni che “non si situano” da nessuna parte, e che proprio per questo si ancorano ai veri punti di riferimento dell’azione scenica, cioè i dialoghi, i rapporti, le distanze e gli avvicendamenti fra i personaggi e il loro rappresentarsi contingente e vacuo, come spettri, apparizioni, essenze ad abitare stanze distinte di un sogno lucido delirio.
Insomma, questo procedere sconnesso marca i termini di un accumulo dialogico e psicologico, è parola che carica o lenisce le tensioni in un susseguirsi repentino e aspro. Il fatto ad esempio che i dialoghi si svolgano in lingua originale, con pochissime e ragionatissime variazioni dalla autentica stesura del dramma, non è ostentazione di attenzione filologica fine a sé stessa, ma è dovuta alla severa attinenza che de Filippis ha stabilito di mantenere tra la forma e il suo contenuto. Proprio quella forma coincide infatti come manifestazione della forza loquace e grave che agisce nell’atmosfera inquietante delle scene. È la musicalità di questa lingua battente ad attivare i meccanismi fattuali e psichici all’interno delle singole sequenze, esaltata da una recitazione che il regista ha voluto proprio per questo ritmata e metrica, dove le parole poggiano il loro senso logico sul loro stesso suono e sulla scansione degli accenti, flessione che piega a sé espressioni e pensieri e ne cadenza così il grado tragico, ottundente, ipnotico. A essa si accompagnano brani musicali, composti sempre da de Filippis, che sono benissimo costruiti sui toni emotivi delle singole scene e ne evidenziano quindi i portati e i significati. Non una vera e propria colonna sonora, visto che appunto sono singoli brani indipendenti e manca un’unitarietà di fondo; contribuiscono anch’essi perciò a quella frammentazione adattiva che scombussola e moltiplica i piani di lettura.
E che questo in fin dei conti sia lo scopo e il messaggio che de Filippis ha voluto mettere in scena lo si può forse intuire da una delle prime fondamentali scene del film, dove Riccardo si aggira elucubrante in uno spazio occluso di fili cadenti cui sono appesi frammenti di specchi. Qui egli esprime, e addirittura motiva, la sua scellerata frustrazione e la sua intima mostruosità, che vede riflessa persino come deformità fisica, qui egli dichiara i suoi intenti infami, ponendosi dinanzi allo specchio del suo vero sé. Ma appunto questo specchio, cui fa riferimento evidentemente il titolo del film, non è una superficie integra, ma un insieme disperso di schegge taglienti, di sfaccettature mutevoli e fluttuanti. Allora questo Riccardo, la canaglia, le sue manovre e le sue maschere, i suoi atti che spezzano la sua stessa storia in stacchi e sequenze a sé stanti, ci parlano anche della pura malvagità e delle squallide bramosie, ci parlano anche dei vizi della società e della perdizione cui conduce ogni spietata lotta per l’affermazione egotica, ma soprattutto ci dicono qualcosa d’altro, e di più profondo e di più personale. Ci mettono di fronte alle nostre vicende e storie di cui spesso a fatica riusciamo a seguire il filo conduttore, ci mettono di fronte ai nostri stessi istinti primitivi e feroci che siamo diventati bravi a nascondere negare reprimere, ci mettono di fronte a fantasmi e rimorsi, alle bassezze di cui saremmo capaci. Ci mettono di fronte al male che abita in noi, anche in noi. E ci ricordano che nelle nostre identità ci sono frantumi di uno specchio rotto, un’inafferrabile immagine di noi composta di virtù e difetti, esattamente di mille sfaccettature mutevoli e fluttuanti.
Il nocciolo della questione e del film di de Filippis sta dunque nell’inquadrare questo personaggio al di là delle scene e della finzione, come anche al di là di generiche allegorie sulla condizione e sull’animo umano. Al di là di tutto e dentro la vita di ognuno.
Si può anche dibattere infine sulla riuscita di questa operazione e di questo film. Sicuramente lo spettatore alla fine avverte un disagio che non si semplifica nelle categorie di “bello, brutto, così-e-così”. È un film che lascia una traccia perdurante, una scia di impressioni visive e di accensioni sinaptiche a spazzar via i comuni criteri di giudizio e le aspettative. Che poi sarebbe anche naturale, visto che ogni film, anzi ogni opera d’arte, è un atto rivoluzionario teso a sovvertire quello che si conosce e si è visto, è un’eroica eresia del vero e della consuetudine, è un produrre per l’inatteso. The Mirror and the Rascal questo fa, questo ha fatto de Filippis.
Francesco Giulio Farachi
Queen Elizabeth
Tyrrel (Lorenzo Lustri)
Queen Elizabeth and King Edward
Queen Elizabeth
The Duchess of York (Anna Rita Daqua)
Richard versus Lord Hastings (Alexander Pascoli)
Lady Anne Warwick (Tiziana Imperi)
Lady Anne Warwick
The Earl of Richmond (Luigi De Blasio)
The Earl of Richmond
Regia
Valerio de Filippis
Con
Valerio de Filippis
Cristiano Piangatelli
Alexander Pascoli
Federica Lenzi
Francesco Ferrandina
Alberto Stella
Anna Rita Daqua
Daniele Porcella
Tiziana Imperi
Francesca Perti
Lorenzo Lustri
Luigi De Blasio
Scritto da Valerio de Filippis
tratto dal RICCARDO III di William Shakespeare
Fotografia e montaggio
Valerio de Filippis
Collaborazione alla regia,
alle riprese e al montaggio
Giuseppe Convertini
Musica e arrangiamenti
Valerio de Filippis
Assistente alla regia
Claudia Carovana
Consulente madrelingua inglese
Rayner Cabrera
Consulente per la produzione
Massimiliano Perrotta
Assistente alla produzione
Anna Rita Daqua
Traduzione
Cabrera - de Filippis
Produzione
STUDIO E.M.P. (Experimental Meeting Point) ROMA
Personaggi e interpreti:
Richard ......................................................................... Valerio de Filippis
Re Henry VI ................................................................. Sebastiano Vianello
Regina Margaret ........................................................... Francesca Perti
Edward, principe di Wales ............................................ Benedetto Fanna
Lady Anne ..................................................................... Tiziana Imperi
Richmond ...................................................................... Luigi De Blasio
Re Edward IV ............................................................... Cristiano Piangatelli
Regina Elizabeth ........................................................... Federica Lenzi
Lord Rivers ................................................................... Alberto Stella
George (Clarence) ......................................................... Daniele Porcella
Duchessa di York .......................................................... Anna Rita Daqua
Buckingham .................................................................. Francesco Ferrandina
Hastings ........................................................................ Alexander Pascoli
Tyrrel ............................................................................. Lorenzo Lustri
Stanley ........................................................................... Michele Peroni
Brakenbury .................................................................... Claudio Di Carlo
Catesby .......................................................................... Aurelio Candido
1° Sicario ....................................................................... Simone Mastrocinque
2° Sicario ....................................................................... Roberto Dogustan
Lovell ............................................................................ Claudio Orlandi
Ratcliffe ......................................................................... Gaetano Meola
Ragazza del sogno di Richard ....................................... Francesca Zavattaro
1° Cortigiana ................................................................. Claudia Carovana
2° Cortigiana ................................................................. Manuela Verdi
3° Cortigiana ................................................................. Anna Maria Consoli
Ragazza del litigio con Richard .................................... Maria Antonia Pagliara
Vescovo ......................................................................... Vito Bongiorno
Jean Shore ..................................................................... Antonia Pappalardo
Principe Edward ............................................................ Edoardo Latessa
Principe Richard ............................................................ Andrea Gigante
Principessa Elizabeth .................................................... Cristiana Mecozzi
Dorset ............................................................................ Adrian Stella
Grey ............................................................................... Damian Stella
Surrey ............................................................................. Daniele Tammurello
Norfolk ........................................................................... Salvatore Di Masi
Doppiaggi:
Re Edward IV ................................................................. Alexander Pascoli
Buckingham ................................................................... "
Regina Elizabeth ............................................................ Giulia Catacci
Rivers ............................................................................. Eduardo Fiorito
Hastings .......................................................................... Daniele Tammurello
Lady Anne ...................................................................... Raffaela Siniscalchi
Tyrrel .............................................................................. Alberto Stella
Richmond ....................................................................... Rayner Cabrera
1° Sicario ........................................................................ Valerio de Filippis
Grey ................................................................................ Michele Peroni
Principe Richard ............................................................. Edoardo Latessa
LO SPECCHIO FRANTUMATO
http://www.terzapagina.it/2019/05/the-mirror-and-the-rascal/
Ammiro da tempo la pittura di Valerio de Filippis, segnatamente per il suo rigore espressivo scevro da ogni ammiccamento “contemporaneo”. Eccolo invece sorprenderci con una spericolata sperimentazione tra cinema, videoarte, teatro e musica. Ma come mai un artista dal profilo così definito, così apparentemente definitivo, ha sentito l’esigenza di scommettersi in questa avventura?
The Mirror and the Rascal ovvero Lo specchio e la canaglia non è soltanto il corrispettivo cinematografico della pittura di de Filippis (il suo gusto figurativo è ovviamente riconoscibilissimo), ma un nuovo campo di battaglia dove misurarsi come performer, proponendoci un conturbante e originale recitar cantando. De Filippis ha voluto metterci la faccia per inscenare una pubblica seduta psicanalitica: dietro la maschera di Riccardo III, di questa canaglia assetata di sangue e di successo, fanno capolino i fantasmi e i rimossi dell’artista. In questo sta la verità del film.
Della tragedia di Shakespeare al regista interessa più di tutto il lato barbarico, che il film ci restituisce in uno stile frantumato, poliedrico, autenticamente contemporaneo.
Massimiliano Perrotta
https://www.cineclandestino.it/the-mirror-and-the-rascal/
Valerio de Filippis realizza una riuscita trasposizione del “Riccardo III”, astraendola
in una dimensione universalmente atemporale.
di Stefano Coccia
The Mirror and the Rascal
26 Giugno 2019 SpazioItalia
Tragedia moderna
Confrontarsi con Shakespeare non è mai una passeggiata. A teatro come anche sul grande schermo. Valerio de Filippis ha scelto poi un terreno, il Riccardo III, che la settima arte ha già avuto modo di omaggiare con ottimi risultati: sui vari precedenti si staglia quel Richard III diretto nel 1995 da Richard Loncraine, il quale volle ambientare l’opera negli anni venti del Novecento, in un’Inghilterra immaginata alla mercé di un regime totalitario e con un gigantesco Ian McKellen nei panni del celebre villain.
Siamo comunque di fronte ad adattamenti maestosi, sfarzosi, anche nella componente scenografica. Al contrario The Mirror and the Rascal (Lo specchio e la canaglia), il lungometraggio di Valerio de Filippis, si rapporta a questo immortale classico in piena coscienza della disparità di mezzi, proponendone una rivisitazione morbosa, surreale e dalla chiara impronta minimalista. Fondali scuri isolano i personaggi in una dimensione atemporale, laddove però pistole, computer e cuffiette per ascoltare musica diventano sinonimo di un update decisamente moderno, se non proprio contemporaneo. Con un linguaggio che oscilla di continuo tra quello teatrale, il videoclip e la videoarte, Mirror and the Rascal ha intanto il merito di collocare la fosca cospirazione al centro dell’opera in un’atmosfera malsana, corrotta, nutrita poi di ipnotiche suggestioni dal sinuoso montaggio e dalle avvolgenti tracce musicali. A tratti questa trasposizione può ricordare una cantilena. La recitazione in inglese, coi dialoghi vicini il più possibile al testo originale della tragedia, lavora anche in direzione di una musicalità di fondo, per cui le parole sembrano quasi raggrumarsi nell’ossessiva e straniante colonna sonora, cui si è dedicato lo stesso de Filippis; il quale, per inciso, impersona nel film un serpentino e spietato Riccardo Duca di Gloucester, fratello del Re Edoardo IV, colui insomma che attraverso una lunga catena di delitti si è preposto di eliminare qualsiasi ostacolo tra la sua persona e il trono d’Inghilterra. Ruolo da protagonista, quindi, per un autore che si è circondato di altri validi interpreti, la cui presenza scenica riesce il più delle volte a sopperire all’evidente ristrettezza di mezzi.
Videoservizio della prima nazionale: Roma, cinema Azzurro Scipioni, 12 giugno 2019
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The Mirror and the Rascal: recensione del film di Valerio de Filippis
La recensione di The Mirror and the Rascal, opera prima di Valerio De Fillippis,
rilettura moderna del Riccardo III di William Shakespeare.
di Elena Pedoto
-
13 Giugno 2019 16:27 Tempo di lettura: 2 minuti
Il pittore e artista concettuale originario di Pozzuoli Valerio de Filippis fa il suo debutto da regista con The Mirror and the Rascal (letteralmente, lo specchio e la canaglia) una rivisitazione surreale e perturbante di un grande classico, ovvero la tragedia Riccardo III di William Shakespeare. Traendo spunto dal personaggio empio, egoista, sadico e fondamentalmente negativo costruito dal drammaturgo inglese, De Filippis diventa alter ego e voce di Riccardo III per metterne in scena follia pervasiva, ego-riferimento, e smania di potere perpetrata attraverso la prevaricazione costante e assoluta del prossimo.
Incarnando e proponendo la scalata di Riccardo verso il suo agognato trono, nella geometria più meschina di sfruttamento e adescamento di sentimenti e vite altrui, e inseguendo la spessa linea di sangue che separa il protagonista dal potere, The Mirror and the Rascal sfrutta la tragedia shakespeariana per elaborare metaforicamente una riflessione sull’uomo e sul sé, per mettere l’individuo e le sue brutture davanti a uno specchio di vili smanie e ancestrali ossessioni, e dunque specchiarlo nella totale amarezza di uno sguardo che non vede oltre il naso, il confine limitato e limitante del proprio abietto interesse.
The Mirror and the Rascal: Valerio de Filippis stratifica il Riccardo III di Shakespeare
per raccontare il degrado dell’uomo
In una forma di recitar cantando e con una messa in scena che sfrutta la video-arte per restituire un’immagine teatrale ma artistica, e quindi una recitazione “chiusa” con una fondamentale staticità della narrazione, The Mirror and the Rascal è ritratto in movimento della perdizione umana più profonda, che si estrinseca attraverso un susseguirsi di malattia, abbandono, distruzione, prostituzione fisica e mentale, e il generale abuso dei corpi e dei sensi. Nella totale amnesia di un’umanità degradata, de Filippis muove così voce stentorea e azioni del suo Riccardo III, uomo fondamentalmente vuoto e privo di qualsiasi luce, e che qui appare infatti sempre immerso in immagini e scene che riproducono il chiaroscuro spento della vita, fotografie quasi del tutto prive della loro luminosità vitale.
Un’idea di fondo interessante che si scontra con tutti i limiti della complessità, del linguaggio e della stratificazione simbolica dell’opera shakespeariana, nonché con i limiti di una struttura sperimentale che ha alcuni punti di forza ma anche tanti problemi di fruibilità, come quella di una eccessiva fissità della scena o di un sonoro che sovrasta spesso il parlato, entrambi elementi che inficiano il normale processo di aderenza ed empatizzazione con l’opera audiovisiva.
Attraverso un prodotto sperimentale dai canoni estetici peculiari e di difficile fruibilità, Valerio de Filippis porta fondamentalmente in scena musica e voce “dell’inverno del nostro scontento”, il peregrinare vacuo di un’umanità abbrutita dalle macro e micro guerre portate avanti al fine di stabilire una supremazia tra popoli, gruppi, persone. E nella sua forma ibridata The Mirror and the Rascal aggira il senso ma fondamentalmente coglie la suggestione di una ricerca esasperata del potere a tutti i costi, di un mondo rumoroso, sovrastante, vanaglorioso e tristemente ancorato ai propri falsi ed effimeri miti e valori. L’etica e la morale sprofondate sotto il peso del denaro e del potere, in un inquietante parallelismo con il nostro presente di abulico consumismo di valori e persone.
https://www.cinematographe.it/recensioni/the-mirror-and-the-rascal-recensione-film/
The Mirror and the Rascal: dove finisce la sperimentazione e inizia la logica
di Gian Lorenzo Franzì
Classe 1960, il pittore Valerio de Filippis studia e riflette da sempre, con le sue opere, l’uomo declinato attraverso luce, corpo e psiche.
Adesso si sdoppia e affronta il Riccardo III di Shakespeare con il suo primo lungometraggio, The Mirror and the Rascal, opera che si muove disinvolta tra videoarte e musica.
La resa finale è quantomeno controversa: se l’impianto scenico (che guarda da vicino a Lars von Trier e al suo Dogville) è neanche troppo velatamente d’impostazione teatrale, il risultato è perturbante all’inizio, straniante dopo i primi dieci minuti, noioso da metà in poi.
E questo senza nulla togliere al valore dell’operazione. Innegabile è, però, che il lungometraggio diretto da de Filippis abbia più il sapore di un video musicale, anzi, di un’installazione museale di videoarte, piuttosto che di un film vero e proprio.
Sovvertire i codici cinematografici ha un senso se si rimontano – secondo il gusto e l’ottica dell’autore, certo – per rientrare sempre nel territorio di partenza; ma se il risultato ha i connotati e le geografie di altri media, lo straniamento diventa fastidio per un film che, fondamentalmente, non è un film.
The Mirror and the Rascal assume la forma di una continua sperimentazione, probabilmente anche per lo spettatore che viene messo perennemente nelle condizioni di partecipare attivamente alla visione, con uno sforzo di attenzione e logica non indifferente.
Insomma, viene da chiedersi cosa abbia a che fare con il grande schermo se viene veicolato come “film”, visto che film non è.
Echeggia il Rocky horror picture show, si strizza l’occhio al cinema di genere, ma l’approdo è lontano, coincidendo la visione della pittura di de Filippis con il suo gusto figurativo riconoscibilissimo. Ma è proprio per questo, con un insolito cortocircuito, che l’ispirazione dell’autore, nella sua forma pittorica così scevra da ogni ammiccamento contemporaneo, lentamente scivola in una sorta di inconsapevole autocompiacimento, mentre svicola nella sperimentazione teatrale e musicale legata alla messa in scena delle immagini.
https://cinemaitaliano.info/news/52276/the-mirror-and-the-rascal-riccardo-iii-in.html
THE MIRROR AND THE RASCAL
Riccardo III in una rilettura tra videoarte e teatro
Il primo lungometraggio di Valerio de Filippis ispirato alla tragedia di William Shakespeare
La storia del cinema abbonda di trasposizioni delle opere dell’immortale Bardo e in particolare del “Riccardo III” non possiamo non ricordare quella del 1955 per la regia di Laurence Olivier e “Riccardo III, un uomo, un re” del 1996, un docufilm diretto e interpretato da Al Pacino. Quest’ultimo ha suggestionato il lavoro di Valerio de Filippis affermato pittore alla sua prima esperienza come regista e attore. Mentre il film di Al Pacino era un pretesto per mostrare la lavorazione dietro un adattamento teatrale, interrogandosi sul senso dell’opera, de Filippis sperimenta per la prima volta la sua lunga ricerca sull’immagine attraverso il cinema e la musica. Il regista nei panni di un Riccardo III contemporaneo con tanto di divisa mimetica rappresenta con l’opera di Shakespeare la sete logorante di potere che non ha tempo. In lingua originale con sottotitoli, attraverso un estenuante recitar cantando commentato dalla colonna sonora firmata dallo stesso regista, il film racconta le cospirazioni di Riccardo III contro i suoi avversari per conquistare il trono d’Inghilterra. Personaggi “contemporanei” che si muovono in dei “non luoghi” pronunciando come una cantilena le battute, musica elettronica ispirata chiaramente agli anni ’80, sequenze deliranti cariche di simbolismi: sono solo alcuni degli elementi che fanno di “The Mirror and the Rascal” un esempio di videoarte prestata al cinema, fortemente influenzata dallo stile pittorico di de Filippis. Il risultato è amatoriale ed eccessivamente criptico destinato a un pubblico di nicchia, poco coinvolgente rispetto all’avvincente opera di Shakespeare e agli adattamenti sopracitati.
Nel cast anche Cristiano Piangatelli, Alexander Pascoli,Federica Lenzi, Francesco Ferrandina, Alberto Stella, Anna Rita Daqua, Daniele Porcella, Tiziana Imperi, Francesca Perti, Lorenzo Lustri e Luigi De Blasio. Alla regia ha collaborato Giuseppe Convertini. Il film è prodotto dallo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) di Roma, laboratorio di sperimentazioni artistiche multimediali.
13/06/2019, 13:23
THE MIRROR AND THE RASCAL - Riccardo III in una rilettura tra videoarte e teatro - CinemaItaliano.info
The Mirror and the Rascal film di Valerio de Filippis
di Giovanni Lauricella
Valerio de Filippis non ha paura di affrontare uno dei lavori più difficili della drammaturgia di William Shakespeare.
Con ingredienti semplici fa emergere in maniera molto intelligente il dramma dal buio, come quel fondo scuro che avvolge i soggetti nei quadri caravaggeschi, in una scena contemporanea pregna di corruzione morale sempre prossima a tracimare nella violenza e ne sangue, una minaccia costante che è il file rouge del film The Mirror and the rascal, Lo specchio e la canaglia. Valerio de Filippis che si alterna regista e attore ha con se un cast di molti attori che riesce a combinarli in una trama dando a ciascuno di volta in volta un’ importanza da primo attore, cosa inconsueta nel cinema, i cui nomi sono: Cristiano Piangatelli, Alexander Pascoli, Federica Lenzi, Francesco Ferrandina, Alberto Stella, Anna Rita Daqua, Daniele Porcella, Tiziana Imperi, Francesca Perti, Lorenzo Lustri e Luigi De Blasio, aiuto regista Giuseppe Convertini. Il delirio di raggiungere il potere di Riccardo Duca di Gloucester, fratello del Re Edoardo IV non conosce limiti, con una lunga serie di delitti elimina tutti i possibili rivali compreso i componenti della sua stessa famiglia. Un clima torbido e degenere ben colto nel film che gli attori hanno saputo interpretare.
Un film dedito all’introspezione dei personaggi, non ci sono campi lunghi o scene esterne come a far pesare l’ombrosa cappa della bramosia asfittica di colui che diventerà Riccardo III.
Una sequenza filmica pregna di follia a cui avrei dato più sfogo forse ad arrivare a quei deliri surreali tipici di Carmelo Bene che a farci caso Valerio De Filippis, volendo, potrebbe sembrare.
La prima del film, vietato ai minori di 14 anni, è stata lo scorso 12 Giugno 2019 alle ore 20:00, presso l’Azzurro Scipioni di Roma, in via degli Scipioni 82, storico cinema del glorioso e grande regista Silvano Agosti che da anni raccoglie tutto il meglio della cinematografia indipendente romana e internazionale.
Se cliccate in questo link avrete il filmato delle interviste fatte all’Azzurro Scipioni da Massimiliano Perrotta.
Pubblicato
13/05/2024
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The Mirror and the Rascal, Valerio de Filippis
Lo specchio e la canaglia
di Rossella Ferrigno
Spericolato e ambiguo il processo d’intenti che ha rigettato sulla scana te(a)tro-(tele)visiva l’opera shakespeariana del Riccardo III di Valerio de Filippis. Dall’anarchia della forma musical/clip/modernistica/grottesca alla tenace interpretazione dei personaggi che incorniciano seppur con uno sguardo la fusione di consapevolezza della “parte” nella “parte”.
Annienta e snatura ogni certezza dove ogni presunta facile lettura d’immagine incorpora di più o di meno riflessioni visive sulla mortalità, concrezioni della pulsione di morte, presenze nell’ombra, ritagli nell’universo sconsacrati dalle loro stesse colpe, vuoti di silenzio e metafisici eccessi della disperazione.
Un magma di passioni rovinose ingrate ed inarrestabili in rotta di collisione spinte all’estremo fin dove Riccardo/Valerio trama una macabra risoluzione finale.
Con la ferocia inedita e formidabile Valerio de Filippis si infilza negli occhi come qualcosa di traverso in gola, lanciando una sfida contro l’arte pur cospargendosi e inginocchiandosi alla stessa, supplicandone e mendicandone la sua messa a morte. Dove il nichilismo si fa maestro della noia e l’idea gesto e ricalco della creazione: irrazionale, essenziale, simile all’automatismo surreale dove l’illusionismo spaziale avanza e retrocede nelle oscillazioni dei personaggi che sembrano svanire nel buio baratrale del Nulla circostante, dove le cose potrebbero essere dappertutto e i corpi vagheggiamenti di cose perdute – una simmetria irreversibile giocata sui ritmi perversi della “canaglia” che si annida nei fantasmi di Riccardo/Valerio come una superficie opaca che assorbe la luce e non riflette, come uno specchio, dove le sue schegge ricompongono l’Altro oscurato.
Lui solo contro tutti o forse solo lui e il mostro.
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Scritta adesso senza rileggere
Spero ti piaccia
Notte canaglia
Rossella
Progetto per un feto bionico transumano deforme (2022)
tecnica mista su legno, strutture elettroniche, led. cm (54 x 84)
Il titolo è molto forte. Come nasce?
Il quadro che dà il titolo alla mostra è nato da una gettata di colore liquido su di una tavola posta in piano. La forma che si delineò sembrava un feto. E così lo trasformai in un esserino al cui interno, tramite apposite piccole finestre, si notano delle strutture elettroniche illuminate da led. Questo feto sono sempre io in un autoritratto immaginario. La parola “deforme” allude ad una deformità morale. Perché, alla fine dei conti, se da una parte assistiamo al superamento dei limiti psicofisici, dall’altra vi è inevitabilmente una perdita. La perdita della fragilità e della consapevolezza della finitezza umana, attraverso, non dimentichiamolo, l’aspetto del prolungamento della longevità. In altre parole, quello che si otterrebbe, secondo il mio sentire prettamente emozionale e intuitivo, dovrebbe consistere nello smarrimento, fino alla privazione, di quella tensione spirituale della quale la creatività non può fare a meno, che deriva proprio dal sentimento della finitezza, dal rapporto con lo spazio e il tempo. L’abbandono del corpo biologico, privato della sua corruttibilità, porterebbe ad un rapporto malsano e morboso con il tempo della vita, alla quale secondo me, ognuno è chiamato per scriverne e lasciarne un senso.
Figura Zero (2005)
tecnica mista su legno, cm (110 x 80)
È successo che durante la creazione, un’opera ha preso una piega diversa rispetto alle intenzioni iniziali?
Sì, qualche volta mi è capitato di mentire a me stesso senza accorgermene. Dunque, un soggetto che pareva essere al centro del mio interesse in quel dato momento naufragava nel colore, per poi riaffiorare con ciò che veramente volevo esprimere. Essendo un essere cibernetico e transumano esclusivamente negli autoritratti, sono soggetto all’errore e lo dico in tutti i sensi.
Giovanni Zambito.
Malfunction (2023)
tecnica mista su legno, circuiti elettronici, led. cm (88,5 x 49)
PROGETTO PER UN FETO BIONICO TRANSUMANO DEFORME
di Francesca Perti
“Valerio De Filippis, con Progetto per un feto bionico transumano deforme, porta al punto più alto la sua riflessione sull'essere: la paura di essere e quella del divenire altro. Lo fa attraverso una serie di autoritratti che diventano il suo amuleto esorcistico personale. L’autoritratto, nel corso del tempo, ha dimostrato di essere molto di più di una semplice rappresentazione fisica dell'artista, è soprattutto un mezzo per esplorare le proprie contraddizioni interiori, un viaggio verso l'autoconoscenza personale e politico.
Per De Filippis, ricercatore dello spirito, uomo di idee al pari di ogni filosofo, l'autoritratto è un modo per indagare, non solo quello che di sé non conosce, ma anche quello che si vorrebbe essere e la paura di diventarlo. [...] Progetto per un feto bionico transumano deforme è un’autobiografia onnivora e selvaggia, un’autobiografia virulenta dove l'ottica dello spettatore viene continuamente catapultata entro lenti deformanti.
De Filippis è nudo, ci offre le sue diverse facce e le sue innumerevoli forme, venendo così risucchiati dalla sua chimica nervosa. Opere come Flames/ Darkness, Ibiscus o gli Androidi, caratterizzate da un segno solido come il cemento, rappresentano non solo la rivelazione, la presa di coscienza e l'apertura al futuro, ma anche l'interesse dell'artista per il transumanesimo o post umano, la curiosità di esplorare le possibilità immaginative create dalla nuova tecnologia. L'Androide è una proiezione di quello che De Filippis potrebbe diventare ed è un divenire che incuriosisce emoziona e intimorisce.
Tutte le opere di De Filippis recano in sé un germe di autodistruzione, proprio per la continua tensione a sperimentare; sono trame elettriche di energia pittorico - corporale: è un
Dorian Gray che fagocita il suo mostro, caricandolo di movimento ed energia.”
(dal testo critico di Francesca Perti)
Valerio De Filppis (Pozzuoli (NA), 5 marzo 1960) inizia la sua ricerca artistica nel campo della pittura nel 1980 a Bari, poco prima prima del conseguimento della maturità scientifica (1982). Compie numerosi viaggi all'estero stabilendosi nel 1992 per due anni a Bruxelles. Dal 1994 vive e lavora a Roma dove nel 2003 fonda lo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) studio d'arte, luogo di interscambio espositivo e confronto culturale e tecnico tra artisti di qualsiasi linguaggio. Vincitore di numerosi premi, è stato invitato a diverse rassegne, anche internazionali. Del suo lavoro si sono interessati in più occasioni la stampa e la radiotelevisione italiana. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Attivo dal 1980 nel campo dell'iperrealismo, negli anni Novanta vive la prima fase di distacco dal realismo figurativo verso esperienze tendenti all'astrattismo. Dal 2003 conduce una ricerca pittorica sperimentale attraverso l'uso di colori e materiali non tradizionali. Soggetto delle sue opere è il corpo umano, prevalentemente maschile, ad eccezione del ciclo sulla mitologia delle Sirene. Nel 2001-02 si è avvicinato alla pittura neoespressionista conducendo una ricerca su tematiche legate ai comportamenti umani aberranti, generando, in occasione di una mostra ad Orvieto, controversie che sconfinavano in un'interrogazione parlamentare. Negli anni 2004-'06 ha lavorato ad opere a tecnica mista tra pittura e computer art, con il ciclo denominato "Frammenti". Nel 2007 realizza la sua prima installazione, un video e alcune opere concettuali. Nel 2010 è autore di alcune performance, due delle quali estreme. Dal 2013 comincia a sperimentare la videoart, il montaggio video e la composizione musicale, quest'ultima avvalendosi sia di software per elaborazione di Musica Concreta, sia studiando pianoforte e chitarra. Nel 2015, dopo aver musicato con voce alcune liriche di William Blake, realizza "Musica per Riccardo III", con testi originali di William Shakespeare. Nell’aprile 2017 termina il film “The Mirror and the Rascal”, con testo originale del Riccardo III di W. Shakespeare, che si caratterizza per talune trovate surreali e sperimentali, e per la contaminazione fra teatro, cinema e videoart. La prima del film viene proiettata a Roma il 12 giugno 2019 al cinema Azzurro Scipioni. Dal 2018 studia pianoforte classico e teoria musicale, proseguendo comunque l’attività pittorica.
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