(LO SPECCHIO E LA CANAGLIA)
IL PRIMO LUNGOMETRAGGIO DI
VALERIO DE FILIPPIS
IN USCITA A GIUGNO 2019
Prima nazionale al Cinema Azzurro Scipioni di Roma mercoledì 12 giugno alle ore 20
IL FILM E' VISIBILE SU INDIECINEMA, portale di cinema indipendente, clickando qui sotto:
Yemen (1998) olio su legno - oil on wood, cm (80 x 60)
“Questa è la miserabile condizione del mondo e il barbaro insegnamento della ragione, che i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose, sia sempre e solamente giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta la nostra vita secondo il sentimento di questa nullità, finirebbe il mondo e giustamente saremmo chiamati pazzi, in ogni modo è formalmente certo che questa sarebbe una pazzia ragionevole per ogni verso, anzi che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie, giacché tutto a questo mondo si fa per la semplice e continua dimenticanza di quella verità universale, che tutto è nulla"
Giacomo Leopardi
Pozzuoli (NA), 5 marzo 1960, inizia la sua ricerca artistica, nel campo della pittura, nel 1980 a Bari, poco prima del conseguimento della maturità scientifica (1982). Compie numerosi
viaggi all'estero stabilendosi nel 1992 per due anni a Bruxelles. Dal 1994 vive e lavora a Roma dove nel 2003 fonda lo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) studio d'arte,
luogo di interscambio espositivo e confronto culturale e tecnico tra artisti di qualsiasi linguaggio.
(continua in Note Biografiche)
born in Pozzuoli (Naples, Italy) on March 5 1960, began his pictorial research in Bari in 1980. Throughout his career he traveled extensively abroad, staying in Brussels for two years. He’s been living and working in Rome since 1994, where in 2003 he funded the E.M.P. Studio (Experimental meeting Point): art studio, exhibition space and a place for artists of different backgrounds to inspire and challenge one another.
(it continues in Biographical Notes)
Sperimentali ritrovi
Roma, aprile 2001
Il percorso ipnotico-teocratico dell'arte dell'artista Valerio de Filippis va diramando la scelta del suo ingegno in tre diverse formule endocrine e antropomorfologiche: l'espansione del sentimento (potremmo raffigurarci un cuore mimato in progress), il sogno di un risveglio iper-realistico ed una Weltanshauung della donna come padrona del linguaggio incessante e premuroso della sua arte.
Ogni artista produce numerose verità nel colore: de Filippis tenta con impareggiabile cura e ritmica melodia del suo tempo la giovane apparizione nel panorama definito dell'arte contemporanea mediante un non voluto linguaggio retorico, ma anzi teocratico, aperto alla prospettiva del musicale e dell'espansione come nei suoi colori, come nei suoi disegni a china o ad olio e nella disarmonia di un amore infecondo o da tratteggiare fuori dal tempo (del quadro, s'intende), riuscendo sempre a convincere gli attenti fruitori a dei rebus naturali di risposte senza fine.
Sarà il pregio dell'arte che muta di generazione in generazione, oppure è una volubilità esposta a dovere per imprimere un discorso serio sull'avanguardia che produce del sogno una sola infinitesimale parte rem che a noi sfugge nella realtà come nell'immaginario.
De Filippis coniuga a grandi ondate di pieni e vuoti - a volte troppo asimmetrici e occasionabili - le proprie speranze di un sogno "ad occhi aperti" come il giovane e sapienziale Freud praticava, dunque spinge ad una fallibilità dell' assurdo o del vero qualsiasi spettatore che sappia vivere in primo luogo il quadro da ogni prospettiva terrena.
Siamo vicini ad ipotesi Beckettiane o a filosofie post-strutturaliste?
La scelta, sembra dire o punteggiare la tela, della memoria della storia dell'arte e di ciò che ne verrà se, in un mondo dove i sentimenti annullano lo spazio di noi, il recupero resta soltanto la pagina di un colore o di un'opera possibile.
La naturalezza della descritta variabilità teorica della natura sfebbra sempre in un amore disarticolato ma — amoroso romanticissimo preludio wagneriano — o di surroundings avanguardisti azzardando anche sperimentali ritrovi, forse di un aeroporto.
Fortunato Bruno
(scrittore e poeta)
Via Luigi Vanvitelli, 23
00153 Roma (ITALY)
e-mail: valedefilippis@yahoo.it
Telephone:(+39) 06.45.44.86.25
Mobile: (+39) 320.34.32.193
Progetto per un feto bionico transumano deforme (2022)
tecnica mista su legno, strutture elettroniche, led. cm (54 x 84)
Il titolo è molto forte. Come nasce?
Il quadro che dà il titolo alla mostra è nato da una gettata di colore liquido su di una tavola posta in piano. La forma che si delineò sembrava un feto. E così lo trasformai in un esserino al cui interno, tramite apposite piccole finestre, si notano delle strutture elettroniche illuminate da led. Questo feto sono sempre io in un autoritratto immaginario. La parola “deforme” allude ad una deformità morale. Perché, alla fine dei conti, se da una parte assistiamo al superamento dei limiti psicofisici, dall’altra vi è inevitabilmente una perdita. La perdita della fragilità e della consapevolezza della finitezza umana, attraverso, non dimentichiamolo, l’aspetto del prolungamento della longevità. In altre parole, quello che si otterrebbe, secondo il mio sentire prettamente emozionale e intuitivo, dovrebbe consistere nello smarrimento, fino alla privazione, di quella tensione spirituale della quale la creatività non può fare a meno, che deriva proprio dal sentimento della finitezza, dal rapporto con lo spazio e il tempo. L’abbandono del corpo biologico, privato della sua corruttibilità, porterebbe ad un rapporto malsano e morboso con il tempo della vita, alla quale secondo me, ognuno è chiamato per scriverne e lasciarne un senso.
Figura Zero (2005)
tecnica mista su legno, cm (110 x 80)
È successo che durante la creazione, un’opera ha preso una piega diversa rispetto alle intenzioni iniziali?
Sì, qualche volta mi è capitato di mentire a me stesso senza accorgermene. Dunque, un soggetto che pareva essere al centro del mio interesse in quel dato momento naufragava nel colore, per poi riaffiorare con ciò che veramente volevo esprimere. Essendo un essere cibernetico e transumano esclusivamente negli autoritratti, sono soggetto all’errore e lo dico in tutti i sensi.
Giovanni Zambito.
Malfunction (2023)
tecnica mista su legno, circuiti elettronici, led. cm (88,5 x 49)
PROGETTO PER UN FETO BIONICO TRANSUMANO DEFORME
di Francesca Perti
“Valerio De Filippis, con Progetto per un feto bionico transumano deforme, porta al punto più alto la sua riflessione sull'essere: la paura di essere e quella del divenire altro. Lo fa attraverso una serie di autoritratti che diventano il suo amuleto esorcistico personale. L’autoritratto, nel corso del tempo, ha dimostrato di essere molto di più di una semplice rappresentazione fisica dell'artista, è soprattutto un mezzo per esplorare le proprie contraddizioni interiori, un viaggio verso l'autoconoscenza personale e politico.
Per De Filippis, ricercatore dello spirito, uomo di idee al pari di ogni filosofo, l'autoritratto è un modo per indagare, non solo quello che di sé non conosce, ma anche quello che si vorrebbe essere e la paura di diventarlo. [...] Progetto per un feto bionico transumano deforme è un’autobiografia onnivora e selvaggia, un’autobiografia virulenta dove l'ottica dello spettatore viene continuamente catapultata entro lenti deformanti.
De Filippis è nudo, ci offre le sue diverse facce e le sue innumerevoli forme, venendo così risucchiati dalla sua chimica nervosa. Opere come Flames/ Darkness, Ibiscus o gli Androidi, caratterizzate da un segno solido come il cemento, rappresentano non solo la rivelazione, la presa di coscienza e l'apertura al futuro, ma anche l'interesse dell'artista per il transumanesimo o post umano, la curiosità di esplorare le possibilità immaginative create dalla nuova tecnologia. L'Androide è una proiezione di quello che De Filippis potrebbe diventare ed è un divenire che incuriosisce emoziona e intimorisce.
Tutte le opere di De Filippis recano in sé un germe di autodistruzione, proprio per la continua tensione a sperimentare; sono trame elettriche di energia pittorico - corporale: è un
Dorian Gray che fagocita il suo mostro, caricandolo di movimento ed energia.”
(dal testo critico di Francesca Perti)
Valerio De Filppis (Pozzuoli (NA), 5 marzo 1960) inizia la sua ricerca artistica nel campo della pittura nel 1980 a Bari, poco prima prima del conseguimento della maturità scientifica (1982). Compie numerosi viaggi all'estero stabilendosi nel 1992 per due anni a Bruxelles. Dal 1994 vive e lavora a Roma dove nel 2003 fonda lo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) studio d'arte, luogo di interscambio espositivo e confronto culturale e tecnico tra artisti di qualsiasi linguaggio. Vincitore di numerosi premi, è stato invitato a diverse rassegne, anche internazionali. Del suo lavoro si sono interessati in più occasioni la stampa e la radiotelevisione italiana. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Attivo dal 1980 nel campo dell'iperrealismo, negli anni Novanta vive la prima fase di distacco dal realismo figurativo verso esperienze tendenti all'astrattismo. Dal 2003 conduce una ricerca pittorica sperimentale attraverso l'uso di colori e materiali non tradizionali. Soggetto delle sue opere è il corpo umano, prevalentemente maschile, ad eccezione del ciclo sulla mitologia delle Sirene. Nel 2001-02 si è avvicinato alla pittura neoespressionista conducendo una ricerca su tematiche legate ai comportamenti umani aberranti, generando, in occasione di una mostra ad Orvieto, controversie che sconfinavano in un'interrogazione parlamentare. Negli anni 2004-'06 ha lavorato ad opere a tecnica mista tra pittura e computer art, con il ciclo denominato "Frammenti". Nel 2007 realizza la sua prima installazione, un video e alcune opere concettuali. Nel 2010 è autore di alcune performance, due delle quali estreme. Dal 2013 comincia a sperimentare la videoart, il montaggio video e la composizione musicale, quest'ultima avvalendosi sia di software per elaborazione di Musica Concreta, sia studiando pianoforte e chitarra. Nel 2015, dopo aver musicato con voce alcune liriche di William Blake, realizza "Musica per Riccardo III", con testi originali di William Shakespeare. Nell’aprile 2017 termina il film “The Mirror and the Rascal”, con testo originale del Riccardo III di W. Shakespeare, che si caratterizza per talune trovate surreali e sperimentali, e per la contaminazione fra teatro, cinema e videoart. La prima del film viene proiettata a Roma il 12 giugno 2019 al cinema Azzurro Scipioni. Dal 2018 studia pianoforte classico e teoria musicale, proseguendo comunque l’attività pittorica.
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